La storia, il gossip, la cronaca della vicenda legata al presunto e tutto da accertare flirt tra la preside della scuola Montale e l’alunno diciottenne mi lascia perplessa per varie ragioni. E non mi riferisco al bigottismo legato alla differenza di età che intercorre tra due persone, nota in tanti contesti di vita, ma forse meno criticatata quando ad essere molto più “adulto” è un uomo, mentalità propria di un maschilismo del quale la nostra società è pregna. Se il vicino di casa maggiorenne sta con una donna più grande passa inosservato, ma il ruolo sociale fa la differenza e offre letture diverse di concetti medesimi. Mi lascia perplessa, invece, il fatto che di due persone maggiorenni, la stampa abbia messo in prima pagina volto e nome e cognome della preside, lasciando nell’anonimato il fantomatico alunno maggiorenne apprezzato dalla signora. Nell’anonimato fino ad un certo punto, perché poi nella relazione dei fatti, dal canto suo, gli si è dato ampio spazio. Quello che ho sempre denigrato dell’ambiente giornalistico è la condanna mediatica prima del processo . Le parole , i resoconti, viaggiano a ritmo serrato, quando ancora la legge deve fare il suo corso. Cercare lo scandalo e gridare ad esso risulta molto facile. E poi io odio molto l’ipocrisia dei più. Lasciamo che la magistratura tragga le conclusioni del caso e solo allora , in presenza di prove certe, liberiamo spazi sulle principali testate e diamo sfogo ai commenti rosa. Se non dovessero figurarsi reati penali e se la signora si rivolgesse ad un buon avvocato penalista, sono certa che potrebbe comprarsi ville a iosa nei posti più belli del mondo, per le varie cause che intenterebbe avverso al mondo dell’editoria e non solo.